Qualche giorno fa, ad un aperitivo con le amiche, si parlava di relazioni e di quanto siano complicate al giorno d’oggi. Non che ai tempi dei nostri nonni la vita fosse più semplice, ma almeno sulle relazioni esistevano delle certezze: c’era il fidanzato, con cui si sarebbe presto convolate a nozze, una vita in qualche modo scritta e una serie di sacrifici che si era disposti a fare pur di tenere unita la famiglia.
In breve, questo. Mentre parlavo con Luna, che ci raccontava a singhiozzi la sua ultima storia, mi è balenata per la mente una riflessione forse scontata ma alquanto illuminante. Mi sono rivolta a lei e le ho detto con dolcezza: “ Tesoro, se fosse stato un ragazzo tranquillo e presente, non è che poi ti saresti stufata?”. Luna mi ha guardata con disappunto ha finto di non aver capito, ed ha continuato a raccontare quanto il personaggio di turno fosse sfuggente e allergico alle relazioni importanti. E più lui sfuggiva, più lei si sentiva legata. Strano, non capita mai!
Così, tornata a casa mi sono messa a pensare alle relazioni. A quanto siano complicate e spesso incomprensibili anche a noi stesse.
E se ci servisse il melodramma per far funzionare una storia?
Fino a che punto svogliamo realmente una storia d’amore senza problemi e senza patemi d’animo?
Sono sicura che tutte voi mi rispondereste che a quarant’anni suonati, e stanche di vivere relazioni complicate, volete solo una cosa: una storia d’amore sana, senza alti e bassi né uomini sfuggenti.
Balle. Nient’altro che balle.
Qualche anno fa, mi imbattei in un ragazzo di nome Fabrizio. Erano stati anni frenetici e senza senso, anni di sentimenti non corrisposti, di uomini sfuggenti, di telefonate che non arrivavano mai. Qualche mese prima avevo rotto con Leonardo, un tira e molla lungo mesi, discussioni infinite e tregue passionali. Dopo la separazione, Leonardo era stato il mio colpo di fulmine. L’uomo affascinante, colto e irrequieto che aspettavo da anni.
Eppure a un certo punto avevo alzato bandiera bianca e ricominciato la mia vita da zero. Senza di lui, chiaramente. Che in sei mesi mi aveva dato certamente una miriade di emozioni ma al tempo stesso mi aveva trincerato in una bolla di sofferenza e delusione.
E fu così, che qualche tempo dopo conobbi Fabrizio. Ricordo ancora lo stupore nei mie occhi davanti alla sua telefonata. Mi aveva detto “ti chiamo domani” e così aveva fatto! I primi tempi furono assolutamente perfetti. Non un dubbio, non un momento di insicurezza. Non c’era bisogno che dicessi nulla. Era presente, affettuoso e protettivo. Era davvero un miraggio. Fabrizio voleva stare nella nostra relazione. E non solo con una gamba, ma con tutto il corpo, compreso di testa. Organizzava week end fuori porta, mi presentava ai suoi amici, faceva progetti. Poi, in una mite notte primaverile mi svegliai con la fame d’aria. Ero ansiosa, insoddisfatta, e dubbiosa. Cosa c’era che non andava se tutto andava bene?
Nulla. Tutto filava liscio come l’olio. Ecco qual era il problema. La verità è che siamo talmente abituate a vivere di tormenti emozionali che non siamo più abituate a goderci una relazione sana e appagante. La serenità ci spaventa, ci rende fragili. Perché culturalmente abbiamo nel nostro imprinting mentale l’idea che i grandi amori debbano essere per forza contornati da patos e sofferenza. E così, portiamo i nostri film preferiti nella nostra vita. E il paradosso è che abbiamo più difficoltà a chiudere storie disfunzionali che storie sane. Quanta adrenalina c’è in una storia di alti e bassi? La verità è che le storie complicate rendono vive, danno un sapore diverso alle nostre storie, sono continue scariche emozionali.
Ci stufiamo della tranquillità.
Ci stufiamo degli uomini presenti.
Impazziamo dietro a coloro che ci sfuggono.
Forse perché, in fondo, vogliamo sentirci libere.
La buona notizia è che siamo tutte così. O almeno una volta nella vita, abbiamo vissuto quest’esperienza.
La cattiva è che questa forma mentis rischia di farci finire sempre in relazioni sbagliate. Con un grande dispendio di energia che dovremmo impiegare per cose più costruttive. È vero che la storia tormentata è carica di eros e passione ma dove ci porta?
Sono scelte personali. Bisognerebbe capire fino a che punto tutto questo sia collegato con la nostra autostima. Con quella parte inconscia di noi che non ci consente di fare scelte sane e costruttive. A volte la paura della felicità ci paralizza. E preferiamo ripetere per anni lo stesso copione che è comunque più tranquillizzante.
Ci piace il dramma? Oh sì, ci piace. E tantissimo.
Ma una storia d’amore non può essere solo quello.
E arriva un momento nella vita, in cui forse dobbiamo imparare conoscere noi stesse nel profondo. A fare pace con le nostre emozioni disfunzionali. Ad avere fiducia in noi. A volerci bene.
Perché la passione è bellissima, si sa. Ma è una fiamma destinata a spegnersi. E se c’è un rapporto che merita e meriterà sempre le nostre cure e la nostra attenzione, è il rapporto con noi stesse.
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