Cosa dire (e non dire) a qualcuno che sta vivendo un lutto

Linda Carroll Linda Carroll, 05 febbraio 2020
Il dolore è sempre una esperienza totalmente personale. Photocredit: Sandy Millar@Unsplash Il dolore è sempre una esperienza totalmente personale. Photocredit: Sandy Millar@Unsplash

Se presumiamo di far sentire le altre persone comprese, spesso le facciamo sentire addirittura peggio.

"Ricorda che non c'è nessuna bacchetta magica che possa portare via sofferenza e dolore. La cosa migliore che ciascuno di noi può fare è esserci e offrire il nostro sostegno". ~Marilyn Mendoza

Mia madre, una brillante ed affermata scrittrice, qualche anno fa ha iniziato a perdere gran parte delle cose a cui aveva sempre dato valore. La sua vista si è compromessa a causa della degenerazione maculare, la sua caratteristica energia ha ceduto il passo alla stanchezza, e molti dei suoi amici hanno iniziato a venire a mancare. Alla fine, e cosa peggiore di tutte, la sua memoria ha iniziato a non funzionare, prima lentamente, poi sempre più velocemente.

Le sue lotte e la sua sofferenza negli ultimi due anni della sua vita erano strazianti da vedere, e mi sentivo impotente nel fermare quella che vivevo come una valanga di perdite crudeli.

Nell'ultimo anno, capitava che mi chiamasse diverse volte al giorno in preda allo stress e alla confusione. Quando, alla fine, è morta, dopo cinque corse in ospedale in sei settimane, la mia prima reazione è stata di gratitudine perché aveva smesso di lottare e, con mia sorpresa, sollievo. Avevo già pianto la madre che era stata per un anno, e, in realtà, lei era già andata via da tanto.

Ci è voluto un altro mese perché io trovassi il mio dolore, e sospetto che non passerà mai, ma la mia reazione immediata non è stata di tristezza.

Le persone vivono così tante emozioni diverse alla perdita di una persona cara: perdita, rabbia, devastazione, confusione, senso di colpa, tanto per citarne qualcuna. Se abbiamo pregiudizi su come stanno vivendo la loro perdita, le faremo sentire perfino peggio. Ecco alcuni suggerimenti su come entrare in contatto con loro, a partire dalle cose che non vanno fatte.

Non presumere di sapere cosa sto passando

Quando ho perso mia madre, sono rimasta colpita dal vedere quante persone mi dicevano cose come "so cosa stai passando" o "questa è la cosa più triste che vivrai nella tua vita" o "per anni dopo questa perdita non saprai neppure chi sei".

Sappiamo tutti che perdere una madre è un evento importante nella vita e che cambia molte cose. Ma non sappiamo come. E' un processo diverso per ognuno; non possiamo prendere la nostra esperienza e assumere che per gli altri sia lo stesso. Per me, reagire inizialmente come se la morte di mia madre fosse una grazia, è stato causa di tanti dubbi sul fatto che la mia reazione fosse appropriata.

Non ricorrere a cliché religiosi

Affermazioni come "Gesù l'ha chiamata" o "Dio voleva con sé un altro angelo" o "è nelle mani di Dio ora" mi facevano davvero infuriare. Per cominciare, mia madre non era cristiana, e neppure io lo sono. Conosco e amo la storia di Gesù ma non credo sia l'unica verità, e comunque non mi aiutava in nessun modo a sentirmi meglio riguardo alla morte di mia madre.

Non dire "c'è una ragione per tutto"

Dei vari cliché familiari che ho dovuto subire, il peggiore era il "c'è una ragione per tutto".

Sentivo questa frase come un modo sommario di liquidare qualcosa che è fragile, personale, misterioso. Come fai a sapere che "c'è una ragione per tutto"? Pensarlo è un insulto al dolore perché cerca di diluirlo in un piano cosmico razionale.

Non è possibile spiegare, razionalizzare, liquidare la mia perdita in un banale cliché. La mia reazione a questo tipo di messaggi non era di conforto, ma di maggiore isolamento.

Non dire che la persona "è mancata"

Parlare in questo modo dà la sensazione di minimizzare ciò che è accaduto ed evitare la parola "morte". E' una parola dura, finale e irreversibile e piena di senso di perdita. Ma è vera. Dice la verità su ciò che dobbiamo gestire e l'importanza della parole, morte, nella sua definitività e e brutalità, è ciò che ci consente di trovare il dolore di cui abbiamo bisogno

Ed ecco le parole che invece mi davano davvero conforto:

1. Vorrei avere le parole giuste ma non le ho, sappi solo che mi dispiace

2. Non so come ti senti, ma sono qui se posso aiutare in qualcosa sono qui

3. Ti fa piacere se ti porto dei panini martedì?

4. Come ti senti? Se ti fa piacere parlarne io ci sono

Ed ecco la cosa più importante da sapere.

Qualsiasi nostra relazione è avvolta in una bolla. In quella bolla c'è la storia di tutto ciò che abbiamo condiviso. Il dolore è parte dell'esperienza umana, e non soffriamo solo per la persona che perdiamo, ma anche quel pezzo della nostra storia che la persona porta via con sé.

Perdere una madre è un grande cambiamento a prescindere da quale fosse la relazione. Ma non sappiamo come questo accade per nessun altro a parte noi stessi. Quando assumiamo di sapere come un altro elabora la sua perdita, perdiamo l'opportunità di conoscerlo meglio.

Anche se presumiamo di far sentire le altre persone comprese, spesso accade l'esatto contrario, e le facciamo sentire addirittura peggio.

Quando chiediamo invece di parlarci della loro esperienza, aiutiamo a rompere il muro di isolamento che crea il lutto, e ispiriamo una vera connessione.

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Questo articolo è stato tradotto e pubblicato grazie all'autorizzazione dell'autrice. Puoi trovarne la versione originale qui.



Linda Carroll

Linda Carroll—MS, è una scrittrice, psicoterapeuta e love/life coach specializzata in tematiche relazionali di tutti i tipi, sia p... Scopri di più sull'autore